Premio Lucio Mastronardi Città di Vigevano

Il Premio Lucio Mastronardi Città di Vigevano viene assegnato ogni anno all’autore di un libro di narrativa selezionato da una giuria tecnica composta da Ermanno Paccagnini (presidente), Laura Lepri, Luigi Mascheroni, Paolo Perazzolo. La giuria tecnica sceglie tre finalisti e il vincitore è designato da una giuria popolare composta da 30 studenti delle scuole medie superiori di Vigevano, 30 lettori indicati dalle biblioteche del Sistema bibliotecario lomellino e dalle librerie cittadine, 10 lettori indicati dall’Università del tempo libero e per la terza età.

EDIZIONE 2019

Dai tuoi occhi solamente – Francesca Diotallevi -Neri Pozza - VINCITRICE

La straniera Claudia Durastanti La Nave di Teseo

Il dono di saper vivere Tommaso Pincio Einaudi

 

MOTIVAZIONI

Francesca DiotalleviDai tuoi occhi solamente

E’ un piacere sempre più raro constatare la crescita di un talento letterario. Con il libro finalista in questa edizione, “Dai tuoi occhi solamente”, edito da Neri Pozza, Francesca Diotallevi ci ha dimostrato che il suo lavoro sta maturando con serena inesorabilità, come si può dire di pochi autori nel panorama contemporaneo. Scrittrice che ogni nuovo romanzo cerca, combatte con l’approfondimento, la Diotallevi ha dedicato questa narrazione a una fotografa di straordinario valore, Vivian Maier, le cui immagini sono rimaste ignote finché era

 

Claudia Durastanti, La straniera, La nave di Teseo

È un destino singolare quello che tocca alla protagonista di La straniera, che altri non è che l’autrice stessa. Figlia di due genitori sordi, si trova a dividere l’infanzia fra svariati luoghi del mondo: Brooklyn, dove nasce; un piccolo paese della Basilicata, dove fa ritorno con la madre e il fratello; Londra, dove va a vivere con il fidanzato.

Questa doppia originalità le conferisce la rara capacità di osservare tutto ciò che accade intorno a lei con uno sguardo pieno di meraviglia ed estremamente sensibile, che si traduce in un uno stile fresco e sincero. Mano a mano che la storia si dispiega, la narrazione comica e tragica allo stesso tempo della sua vita - dall’innamoramento dei genitori all’età adulta - lascia il posto a digressioni riflessive venate di malinconia e capaci di esplorare una dimensione che va al di là del pregiudizio e della banalità. Bellissima quella sulla disabilità: «I disabili sono una maggioranza nascosta: quasi tutti con il tempo perderemo un super-potere, che sia la vista, un braccio o la memoria». E poi: «Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe ad esserlo».

In quel caos irriducibile che è la vita, la scrittura ha il compito di dare un ordine. O, almeno, di provarci. 

 

Tommaso Pincio, Il dono di saper vivere (Einaudi)

Il libro di Tommaso Pincio Il dono di saper vivere (Einaudi) è un romanzo – ma sarebbe meglio dire una narrazione fatta a sua volta di tante narrazioni – tanto complesso quanto originale. E il fatto che una sezione del libro sia intitolata “La maledizione del dover raccontare” è particolarmente indicativo. Comunque, c’è il racconto di pura invenzione del protagonista, un uomo rinchiuso in una cella per omicidio che prova a narrare la propria storia. C’è la storia (autobiografica) dell’autore, e la sua esperienza umana e professionale, durata anni, in una famosa galleria d’arte a Roma, nella stessa via a forma di ipsilon (o di lingua biforcuta, e a pensarci bene ogni istante dell’esistenza ha questa forma, quella di un bivio…) in cui Michelangelo Merisi detto il Caravaggio compì il suo delitto. E c’è, appunto, la storia – tra saggistica, ricostruzione storica e narrazioni popolari - della vita, dell’arte e della fortuna del Caravaggio stesso, che diventa una sorta di co-protagonista del romanzo. In mezzo una riflessione (inedita, vorticosa e coraggiosa) sul genio artistico, sul talento, sul “dono” di saper viere e sulla “maledizione” del narrare. Ma soprattutto sui tempi della vita e su quelli della scrittura.